Mussolini e la Repubblica Sociale Italiana - Riccardo Affinati
Sulla Repubblica Sociale Italiana (RSI), nota impropriamente anche come
Repubblica di Salò, è stato scritto tanto. Vi sono almeno due tipologie di lavoro e non
solo, una dichiaratamente agiografica ed un’altra altrettanto dichiaratamente critica,
entrambe queste vie possiedono i loro appassionati lettori. Le forze armate della RSI
furono, dal punto di vista militare, eredi delle tradizioni del Regno d’Italia, sia nelle
dottrine tattiche sia nei suoi alti comandi. Il 23 settembre 1943 Mussolini dava
origine alla RSI nei territori dell'Italia settentrionale, con l'esclusione delle province
di Trento, Bolzano, Belluno, del Friuli e della Venezia Giulia, amministrate
direttamente dai tedeschi, e di fatto annesse, anche se non formalmente, al Terzo
Reich. Fu fin dall’inizio una “guerra civile”, che non finì con il termine della guerra,
ma che proseguì con l’ondata di vendette per fini politici o personali, senza nessuna
interruzione fino ai giorni nostri, passando attraverso “guerra fredda”, “stragi di
stato” ed “anni di piombo”. Ultime ma non definitive, le polemiche suscitate da un
tentativo di revisionare la storia passata, attraverso il filtro di recenti documenti ed
una nuova visione del panorama politico italiano. Il “sangue dei vinti”, “le foibe” ed
il giusto sentimento di fratellanza ci ha riportato di nuovo a separarci su argomenti
così lontani, ma ancora così sentiti e presenti. La RSI si dissolve il 25 aprile 1945,
dopo essere stata riconosciuta dalla Germania e dai suoi stati satelliti, dalla Bulgaria,
dall’Ungheria, dal Giappone, dalla Svizzera e perfino da San Marino. Fin dall’inizio
fu chiaro a tutti che la guerra era persa, si trattava di trovare uno spazio adeguato per
una resa onorevole, ma gli interessi e le forze in campo erano tali da impedire
qualunque scelta possibile senza l’intervento diretto di Hitler. Il 25 luglio 1943 il
Gran Consiglio del Fascismo, aveva delegittimato Mussolini, che nel pomeriggio
ricevuto dal Re nella sua residenza di Villa Ada su suo ordine fu messo agli arresti. Il
Re sostituì il duce con il generale Pietro Badoglio, preparando così la sua fuga e la
proclamazione dell'armistizio di Cassibile con gli Alleati dell’8 settembre (già
firmato il 3 settembre 1943).
La famiglia reale fuggita da Roma riparò a Brindisi insieme a Badoglio, intanto
l’intero apparato dello Stato italiano si scioglieva come neve al sole, mentre le truppe
tedesche attraverso l’operazione Achse (già da tempo in programma) prendevano il
controllo del paese. L’Italia risultava divisa in due: occupata dalle forze alleate al sud
e dalle forze tedesche al centro nord. Attraverso questo “passaggio di sponda”, il Re
salvò la sua vita evitando di finire al muro (come poi toccò a Mussolini), inoltre
abbracciando in extremis la causa alleata, la Monarchia si candidava ad una sua
possibile futura alternativa anticomunista, al momento di ricostituire a fine guerra,
un’eventuale forma di governo riguardante l’Italia. La guerra che il fascismo aveva
fatto per conto del Re fu subito dimenticata con un colpo di spugna e gli strettissimi
legami tra Mussolini e Vittorio Emanuele III di Savoia spazzati via. Mussolini
divenne un uomo scomodo sia per Churchill, che nel 1933, lo aveva definito «il più
grande legislatore vivente», sia per Pio XI che nel 1932 gli aveva conferito l'Ordine
dello Speron d'Oro mentre Pio XII lo aveva definito «il più grande uomo da me
conosciuto, e senz'altro tra i più profondamente buoni».
Una volta arrestato Mussolini (25 luglio 1943) si procedette a condurlo in una
caserma dei carabinieri in via Legnano dove pernottò tre notti; poi dal 28 luglio
sull'isola di Ponza, dal 7 agosto sull'isola della Maddalena e infine dal 28 agosto ai
piedi del Gran Sasso per poi salire il 3 settembre a Campo Imperatore dove restò,
controllato da 250 carabinieri e guardie di Pubblica Sicurezza, sino alla liberazione da
parte di un reparto di paracadutisti tedeschi.
“Liberate Mussolini!”, questo fu il primo pensiero di Adolf Hitler la sera del 25
luglio, appena giunta al suo Quartier Generale la notizia dell’arresto del Duce.
L'Operazione Quercia (in tedesco, Fall Eiche) fu l'azione di liberazione di Benito
Mussolini, che si trovava imprigionato a Campo Imperatore sul Gran Sasso, effettuata
dai paracadutisti del Lehrbataillon (II divisione) e da alcune SS del Sicherheitsdienst
(SD), durante la seconda guerra mondiale, il 12 settembre 1943.
“Mussolini viene imbarcato sulla "cicogna" del capitano Gerlach, uno degli assi della
Luftwaffe, col quale Skorzeny insiste per essere anch'egli trasportato assieme a
Mussolini. La "cicogna" lascia Campo Imperatore per dirigersi a Pratica di Mare,
dove un altro velivolo lo aspetta per condurlo a Vienna” (M. Marzilli, Paracadutisti
tedeschi, 1939-1945. Edizioni Chillemi, 2008).
Mussolini discute della situazione italiana diverse volte con Hitler, fino ad accettare
la soluzione di creare un governo fascista al nord. Le forze armate erano allo sfascio,
ma l’apparato statale era ancora in piedi e Mussolini si mise in moto nel tentativo di
trovare una soluzione politica credibile per quanto traballante, si appellò alle sue
origini, al programma dei Fasci italiani di combattimento del 1919, aggiungendo
qualche spruzzata di socialismo ed ideali repubblicani.
Il nuovo stato fascista viene ufficializzato il 23 settembre 1943 e poco dopo il
neonato governo si insedia a Salò, sul Lago di Garda. La località era strategicamente
importante, vicina a Milano ed alla frontiera tedesca, ben protetta dall’arco alpino ed
al centro di una zona ancora fattivamente produttiva. La Repubblica Sociale Italiana
fu un ente di fatto voluto da Hitler per amministrare i territori occupati del Nord
Italia, con una Costituzione che pur essendo stata redatta non venne mai discussa ed
approvata.
Benito Mussolini fu, di fatto, il capo della Repubblica, capo del Governo e ministro
degli Esteri. Il Partito Fascista Repubblicano (PFR) fu retto da Alessandro Pavolini.
La Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) raccolse ciò che rimaneva al nord della
MVSN, dell'Arma dei Carabinieri e della Polizia dell'Africa Italiana, e fu forgiata con
compiti di polizia giudiziaria e di polizia militare e posta sotto il comando di Renato
Ricci.
Coloro che diedero vita alla Repubblica Sociale Italiana ritennero non solo di salvare
l'onore italiano, ma di poter così operare per la tutela di alcuni interessi italiani.
Secondo i tedeschi con l'armistizio dell'8 settembre 1943 era stato commesso un
“tradimento” nei loro confronti e per tale motivo furono sempre assai restii a fornire
alla RSI i mezzi per ricostruire un esercito efficiente e numeroso. Accordi precisi con
Hitler permisero alla Repubblica Sociale di avere un esercito composto da quattro
divisioni regolari italiane addestrate in Germania. Inoltre il positivo riscontro iniziale
ai bandi di chiamata dei volontari fascisti e la militarizzazione di organizzazioni
esistenti fornirono la RSI di circa 500.000-600.000 persone sotto le armi. I reparti
furono impiegati in operazioni antiguerriglia e nei combattimenti contro gli Alleati ad
Anzio, in Toscana e più tardi sul Senio. La divisione alpina addestrata in Germania si
batté sul fronte toscano, mentre qualche operazione militare contro gli Alleati venne
effettuata anche da parte della Marina e dell'Aviazione. Le forze militari della RSI
non furono utilizzate in modo massiccio contro gli Alleati per una precisa volontà
tedesca, nonostante i tanti inviti di Mussolini. In fatto di regimi collaborazionisti o
governi fantoccio, la Germania possedeva un’ottima esperienza: lo stato satellite della
Romania con il suo fascismo legionario, il regime di Vichy in Francia, la repubblica
slovacca, lo stato croato degli ustascia in Yugoslavia, il regime delle croci frecciate in
Ungheria. Senza contare la Norvegia di Vidkun Quisling, l’Olanda di Anton Mussert,
il Belgio francofono di Degrelle oppure la Cecoslovacchia ed il fallimento dell’ESPO
in Grecia. Un colpo forte per Mussolini fu il mancato rispetto territoriale della RSI da
parte dei tedeschi. Il 10 settembre del 1943, Hitler, spinto dal desiderio di
riappropriarsi dei territori storicamente legati all'impero Asburgico, concesse ai
Gauleiter del Tirolo e della Carinzia di annettersi molte zone del Triveneto.
L’annessione fu spiegata con l’esigenza militare di creare due zone di Operazioni:
quella delle Prealpi (province di Trento, Bolzano e Belluno) e quella del Litorale
Adriatico (province di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume, Lubiana, Zara),
direttamente poste sotto il suo controllo. In quell’attimo Mussolini ebbe la conferma
di essere ostaggio della Germania e senza via di fuga.